Paolo Santinello
Klink
Strategic Partner, Future-IQ Partners
Comunità urbane e rurali in molte regioni del mondo ci mostrano come progettare territori più felici. Si può fare anche qui?
Per esplorare il futuro in modo consapevole, come diceva Gaston Berger – filosofo e futurista che ha introdotto il termine “prospective” per lo studio dei futuri possibili – dobbiamo “permettere al futuro di disturbare il nostro presente”.
Per farlo in maniera utile è anche importante andare a guardare quali lezioni possiamo imparare da chi ha già fatto questo percorso e forse provare ad aggiungere qualcosa di nuovo.
Se si tratta una materia così sfuggente è indispensabile che si adotti qualche convenzione sui termini che saranno utilizzati, che valga quanto meno per il nostro discorso.
Quando parliamo di territori parliamo di paesi, città, provincie ma anche di ambiti territoriali omogenei, di aziende sanitarie locali, oppure di un tratto di mare che accomuna.
Sono luoghi che sono allo stesso tempo segnati e (di)segnati dall’azione di una comunità.
Richard Sennet afferma che “i luoghi hanno potere e la nuova economia potrebbe restarne vincolata”.
Quindi ci riferiamo a territori come luoghi di azione e luoghi che risentono di una azione.
Per quanto riguarda il termine scenari, esistono molti modi di interpretarli: li leggeremo in quanto contesti, condizioni e situazioni che sono plausibili – e più o meno probabili – in cui ci si potrebbe trovare nel futuro a 10, 20, 30 anni a partire da oggi.
Non oltre.
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